L’anno 2026 sarà un anno cruciale per le pensioni e l’intero sistema pensionistico. Sono molte le novità previste, tra cui l’aumento dell’età pensionabile e le pensioni anticipate.
A partire dal 1 gennaio 2026 andrà in scena in Italia la rivalutazione delle pensioni. Si tratta di un sistema pensato per difendere il potere d’acquisto dei beneficiari contro l’inflazione. È il meccanismo della perequazione automatica, previsto per legge.

Ma a quanto ammonterà la rivalutazione del prossimo anno? Cominciamo col dire che il calcolo in qualche modo viene fatto dall’Istat. O meglio, si basa sulle stime dell’inflazione dell’Istituto nazionale di statistica. Quest’ultimo monitora l’andamento dei prezzi attraverso un indice denominato Foi, che sta per famiglie di operai e impiegati. In base al valore del Foi l’Istat diffonde l’aumento effettivo del costo della vita.
Per il 2026 si stima che il rialzo delle pensioni sarà dell’1,6%. L’aumento è applicato ovviamente dall’Inps sulla base delle comunicazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) che in precedenza ha recepito i dati Istat. Attenzione però, Non tutti riceveranno l’1,6% in più sulla propria pensione di gennaio 2026. Sempre secondo la perequazione, bisogna considerare il meccanismo a scaglioni progressivi.
Pensioni 2026, quanto incideranno le stime dell’Istat
Per fare un esempio, la pensione più bassa possibile, ovvero il trattamento minimo, nel 2025 ammontava a 603,40 euro. Nel 2026, con il rialzo dell’1,6%, la pensione sarà pari a 613,05 euro. Non è tutto. La Legge di Bilancio ha previsto un aumento straordinario dell’1,3%, per cui il totale sarà di 621 euro. Beneficeranno degli aumenti anche chi gode delle prestazioni assistenziali, come l’assegno sociale e l’invalidità.
Le valutazioni dell’Istat incideranno nel settore previdenziale anche su altri aspetti. In primis, l’età pensionabile. Ad oggi è possibile accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni, ma nel 2026 l’età potrebbe salire, ma si è in attesa di conferma, di altri 3 mesi. Si tratta dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita che porterà anche a un aumento dei requisiti contributivi. La discussione politica è ancora in atto per evitare i tre mesi in più.

Potrebbe poi cambiare la pensione anticipata che al momento è accessibile a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Pressoché sicure, invece, le modifiche ad alcune pensioni anticipate speciali, come la cosiddetta Quota 103, ovvero i 62 anni e 41 anni di contributi, e Opzione Donna. Sempre sul tavolo, ma molto difficile da attuare, sarà invece la Quota 41 per tutti.
Sono sostanzialmente quattro i fattori che stanno portando il governo a ragionare su come modificare il sistema pensionistico. Il primo, come abbiamo visto, riguarda l’aspettativa di vita. Poi ci sono il bisogno di sostenibilità e i diktat dell’Europa, che chiede continuamente stabilità nei conti pubblici. L’ultimo elemento, legato comunque agli altri a doppio giro, è che le misure temporanee come Quota 103 ed Opzione Donna costano molto per lo Stato.